Per Renzo Biasion
Circa vent’anni fa, assessore alla cultura del Comune di Bologna, ricordai Biasion in occasione di una sua monografia e per un incontro che festeggiava l’uomo, l’intellettuale e l’artista per i suoi ottant’anni. Ricevetti un volume che presentammo, con la dedica: al pittore Concetto Pozzati con antica amicizia e stima. Renzo Biasion 1993.
Ero felice che lo avesse dedicato al pittore e non all’assessore sottolineando l’antica amicizia. Un’amicizia dettata da incontri lontani sempre vivaci anche perché la mia generazione aveva fretta d’informazioni e magari tagliava a rette gli artisti che non erano vicini al nostro modo di lavorare e di pensare. Con Biasion questo non è mai avvenuto e anche le nostre distanze non troncarono mai l’interesse a tutto tondo dell’uomo, dello scrittore, del giornalista, del critico e del pittore.
Sagapò è una delle pagine più pregne del realismo non ideologico letterario, alla pari di Primo Levi (“Se questo è un uomo”) ed efficace come il “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Biasion è di nascita trevigiana, nato nel ’14 e allora compiva 80 anni (ora sono 100 dalla nascita) e per uno che ha incominciato a dipingere a 12 fu un bel tempo di addensamenti e di fatiche.
Naturalità emozionata e pensiero razionalizzante analitico che ravvicina le cose come un regista o uno scrittore. Da Gino Rossi a Enrico Paulucci e al bolognese Corrado Corazza, a un realismo neosecessionista fino alla ginnastica dell’occhio sulla quotidianità (dai tavoli alle scritte sui muri), una quotidianità fermata prima che scompaia dove lo stesso paesaggio era vissuto tra il colore terragno, ma mai solo visto, un colore dalla pasta intensa densa e corposa.
Il clima dell’epoca era ancora contrapposto tra figurativi ed astratti (iconici e aniconici) e Biasion, ironico e quasi impertinente, scriveva: “Ho smesso di fare quadri astratti perché avendone preso la mano, m’ero accorto che potevo farne uno al giorno, e per restar personale dovevo più o meno ripetermi”. Preferisce una presa diretta sulla realtà dove l’asse portante è il disegno.
Ecco le periferie solidificate, le superfici murarie e l’occhio postimpressionista è nei “notturni”. “Tutto diventa grigio, nero, rugginoso… resistono i bianchi delle pareti nude”. Un gran silenzio dove il classicismo, che è idealizzazione della forma, s’incrocia con il sentimento dello scrittore. Questo è il ricordo di un ex giovane che faceva come tutti fatica a dipingere.
Concetto Pozzati (luglio 2014)
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